Precariopoli
Ex Ilva, il piano di Invitalia: Taranto riparte da 5000 addetti
Cinque milioni di tonnellate e 5000 lavoratori utilizzati. Il primo step del nuovo piano industriale di Invitalia per l’ex Ilva, parte da qui. Secondo queste previsioni Taranto perderebbe subito più di 3000 unità che andrebbero ad aggiungersi alle 1700 di Ilva in as già in cassa integrazione.
La produzione aumenterebbe di 1 milione di tonnellate e 1000 lavoratori all’anno per arrivare a 8 milioni di tonnellate di acciaio entro il 2025 con il totale assorbimento della forza lavoro. Secondo quanto illustrato oggi ai sindacati dall’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri, la produzione sarebbe garantita da un forno elettrico e da impianti dry esterni alla fabbrica, che verranno costruiti e poi gestiti da Invitalia.
In termini di impatto ambientale è stata stimata la riduzione delle emissioni inquinanti del 93% per l’ossido di zolfo, del 90% per la diossina, del 78% per polveri e CO2. Il nuovo asset punta allo spegnimento dei due altoforni più datati ed al rilancio dei più nuovi Afo 4 e Afo5.
“Si tratta dello schema che Mittal ha proposto in passato: un rapporto tra milioni di tonnellate di acciaio e numero di lavoratori che non abbiamo accettato a suo tempo e che il Governo ora asseconda. Un piano ricco di contraddizioni e difficilmente realizzabile”. Questo il commento di Usb Taranto che ha espresso forti riserve ed ha ribadito le sue priorità. “La tutela dell’ambiente e della salute – si legge in una nota stampa – all’indomani dell’ennesima tragedia che vede vittima un bambino di Taranto, la sicurezza sui luoghi di lavoro, dal momento che gli impianti sono ormai a pezzi, e la piena occupazione dei dipendenti diretti, dell’appalto e Ilva in AS.
Il confronto su Arcelor Mittal si è tenuto nel primo pomeriggio tra i sindacati, i ministri dello Sviluppo Economico e Lavoro, Patuanelli e Catalfo e l’ad di Invitalia Arcuri. L’accordo tra Stato e Arcelor Mittal verrà siglato il prossimo 10 dicembre. Lo Stato entrerà nello stabilimento inizialmente al 50% per poi divenire socio maggioritario entro giugno 2022, data entro la quale il gruppo franco-indiano dovrà decidere se rimanere o andare via. Fino ad allora porteremo avanti una governance condivisa.
“Un metodo che non condividiamo – continua Usb Taranto – quello utilizzato per portare avanti la trattativa da un Governo che non ha tenuto minimamente in considerazione né le organizzazioni sindacali, né gli enti locali, generando decisioni che verranno calate sulla testa di una comunità lasciata fuori dal confronto. Cosa accade quindi oggi? Semplicemente che Arcelor Mittal viene messa nelle condizioni di gestire la fabbrica grazie all’intervento dello Stato”.
Unica nota positiva, a giudizio di Usb la “garanzia di una prossima convocazione sulle questioni avanzate da Usb: riconoscimento amianto e lavoro usurante, incentivi all’esodo e LPU. Il Governo ha inoltre risposto positivamente alla richiesta di Usb di finanziare anche per il 2021 l’integrazione salariale per i lavoratori di Ilva in As Auspichiamo che nei prossimi passaggi della vicenda venga finalmente messo al centro l’interesse della comunità, piuttosto che quello della multinazionale, e che per la definizione della questione sia coinvolto seriamente il territorio e le sue istanze. Il ministro Patuanelli ha giustificato l’esclusione dei sindacati e degli enti locali fino ad ora per l’incertezza sulla possibilità per lo Stato di entrare in partnership. Dall’incontro di oggi abbiamo inoltre appreso che nella prossima settimana si terrà un confronto con la nuova governance Mittal-Invitalia”.