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Taranto, ristorazione in ginocchio. L’appello degli addetti: Fateci lavorare

Pubblicato | da Redazione

“E’ passata anche la Befana, ma pizzerie, ristoranti, pasticcerie e gelaterie
del tarantino non hanno visto ancora un centesimo”. Lo afferma il segretario provinciale di Confartigianato Fabio Paolillo, in una nota inviata alla stampa.

SITUAZIONE PESANTE

‘”Le attività hanno chiuso per due mesi e mezzo in primavera e da metà ottobre lavorano solo a pranzo – aggiunge Paolillo – hanno dovuto rinunciare alle aperture di Natale. Un sacrificio che andava premiato in
maniera diversa.

I soldi arrivano in ritardo e non sono sufficienti a compensare le perdite di bar, pizzerie e ristoranti. Gli importi stanziati in Italia sono molto più bassi rispetto a quelli messi in campo dagli altri Paesi europei. Tutti i governi hanno chiuso mettendo, però, in sicurezza le attività commerciali. Qui, invece, pochi soldi e arrivano anche in ritardo”.


Secondo Confartigianato Taranto a complicare ulteriormente la situazione anche il “calendario a colori: regioni gialle, arancioni, rosse, in base all’indice di contagio, condizionando aperture e chiusure.

”Per i ristoratori – continua Paolillo – è diventato impossibile programmare il lavoro: non si sa per esempio come regolarsi con la merce al momento di fare gli ordini. Idem con la gestione dei dipendenti”.

PROSPETTIVE INCERTE

”Il 2021 rischia di essere peggio del 2020 – prosegue la nota stampa – la mareggiata è ancora in corso. Penso a quando scadranno le moratorie sui debiti o alla fine del blocco sui licenziamenti. Alcuni colleghi ancora attendendo i soldi dei decreti precedenti. L’unico vero ristoro è ‘tornare a lavorare”.

”Chiediamo solo questo – scrive Ivan Cesareo, dirigente di Unicom Confartigianato – fateci lavorare. Continueremo a farlo con il massimo scrupolo secondo i protocolli di sicurezza che ci sono stati imposti e per i quali abbiamo attrezzato i nostri locali, spendendo i nostri soldi.

Il calendario a colori sta creando problemi organizzativi e di programmazione. In molti rinunciano anche ad aprire per due giorni perché i costi per alzare la saracinesca sono più alti del guadagno.

Ecco perché al Governo ma anche a Regione e Comuni chiediamo la certezza di poter tornare a programmare, senza più limitazioni”.