“Non è cambiato nulla in Italia. l’intero Novecento e la storia di questo paese raccontano di una attività sismica appenninica di notevoli proporzioni. Ci saranno altre scosse forti ma non potremo dire quando e come…. Ma ci saranno perché è la storia sismica italiana che ce lo insegna”.
Poco fa, al Tg1, un sismologo non ha fatto tanti giri di parole. Una tesi così disarmante da obbligare ad una riflessione attenta: ricostruire’ E dove? E soprattutto, come? Una scossa segue l’altra e da quando L’Aquila è venuta giù (larghissima parte del suo centro storico) l’Appennino è in continuo movimento. Il centro Italia (Umbria, Marche e Abruzzi negli ultimi anni, soprattutto) sta avendo la peggio con gravi perdite tra la popolazione e incalcolabili danni al patrimonio storico, non ultima stamane la basilica di San Benedetto a Norcia (vedi foto).
Così un sismologo a Sky Tg 24, poco fa ..
“I terremoti, così frequenti nell’Italia Centrale, sono dunque generati da faglie- ovvero fratture della crosta – relativamente piccole. Ed è all’interno di questo complesso sistema che entra in gioco quello che si può essere definito un “effetto domino”. La frattura, ogni volta che si attiva e genera un forte terremoto, va a perturbare porzioni ancora intatte della stessa faglia o di altre minori circostanti. Può quindi accadere che le faglie più piccole che si trovano nelle vicinanze si rompano a loro volta, generando altri terremoti, ossia le repliche del terremoto principale. Intanto continua lo sciame sismico, con scosse anche forti.
“Stiramento della crosta terrestre” – Ogni terremoto che avviene nell’Appennino può quindi interessare “tante faglie diverse”, tutte generalmente orientate nella direzione che va da Nord-Ovest a Sud-Est. Il risultato è un movimento di tipo estensionale, ossia una sorta di ‘stiramento’ della crosta terrestre in corrispondenza dell’Appennino con un conseguente allargamento dell’Italia Centrale. E’ un fenomeno che avviene in modo graduale ma inesorabile, ad una velocità di qualche metro per millennio, lungo tutto l’arco che da dalla Lunigiana allo Stretto di Messina. E’ un sistema ormai noto ai sismologi, anche se “delle incognite ci sono sempre”, ha osservato il sismologo Gianluca Valensise. La faglia che si è attivata il 26 ottobre, per esempio, io, non aveva mai dato chiari segnali di attivazione, ne’ se ne avevano notizie certe sulla base dei terremoti storici.
Il terremoto del 26 ottobre è “sicuramente collegato a quello del 24 agosto scorso nel Reatino: se non ci fosse stato il primo, quello tra Perugia e Macerata probabilmente sarebbe arrivato fra 10 o 100 anni”. I sismologi non hanno dubbi: a scatenare i due eventi sismici, spiega Alessandro Amato dell’istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv), sono state due faglie contigue e in continuità. “Ora – aggiunge – dobbiamo capire se i terremoti si trovano su due faglie distinte oppure su due segmenti della stessa faglia”. Una cosa è certa; la faglia è più instabile e il suolo, conferma il presidente dell’Ingv Carlo Doglioni, si è abbassato di mezzo metro.