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C’era una volta il Banco di Napoli… aspettando Benetton
Sino agli inizi degli anni ’30 del secolo scorso, in via d’Aquino angolo via Ciro Giovinazzi, c’era un immobile per civili abitazioni, costruito secondo i canoni architettonici di fine ‘800, inizio ‘900; venne deciso che in quell’angolo dovesse sorgere la nuova sede del Banco di Napoli.
Il progetto naturalmente s’ispirava all’architettura di regime che allora imperava; il palazzo preesistente fu abbattuto e sorse quindi la nuova sede del Banco di Napoli.
Nel pieno centro cittadino, proprio di fronte alla “Sem”: i proprietari terrieri, gli imprenditori e gli uomini d’affari si incontravano amabilmente nel bar e poi si concludevano gli affari, con il Banco proprio lì di fronte.
Poi, negli anni, la città s’ingrandì, l’economia cittadina cambiò, la “Sem” chiuse una prima volta, poi riaprì ed infine chiuse definitivamente sostituita da una banca. I dirigenti del “Banco di Napoli” ritennero che quella struttura di Via D’Aquino non rispondesse più alle esigenze di una banca moderna e decisero di disfarsene, trasferendosi in un immobile di via Berardi.
Nel giugno del 2011 Luciano Benetton acquistò, per 3 milioni e mezzo di euro, dalla società Fimit, l’immobile di via Giovinazzi, ormai vuoto, con l’intento di trasformarlo nel nuovo megastore Benetton del centro della città.


Di fronte ha piazza della Vittoria sulla quale si apre Palazzo degli Uffici che, in quegli anni si pensava dovesse essere ristrutturato in tre anni.
Poco più in là c’è l’edificio a tre piani contraddistinto dal marchio Zara; insomma, un triangolo prezioso considerato che Palazzo degli Uffici, secondo il progetto, avrebbe avuto la sua galleria di negozi e un albergo a cinque stelle.
L’edificio ex Banco di Napoli sviluppa 2300 metri quadrati anche se, alla fine, lo spazio sfruttabile dal punto di vista commerciale avrà una superficie di 800 metri. Per il resto sono corridoi, ballatoi, lucernai, interni che richiedono poderose modifiche per assumere l’aspetto di un negozio.
Così veniva presentato il primo progetto, commissionato ad uno studio di progettazione, che naturalmente sarebbe stato sottoposto al vaglio degli organi competenti: “Come una conchiglia marina può concepire al suo interno una perla preziosa e lucente così il nuovo spazio Benetton di Taranto, realizzato all’interno del palazzo storico dell’ex-Banco di Napoli all’angolo tra Corso Tommaso d’Aquino e Piazza della Vittoria, verrà realizzato con un architettura totalmente introversa in grado di stupire e meravigliare il visitatore.
Quindi, “Bring Nature Inside”: portiamo la natura dentro, persone comprese ovviamente.
Un caleidoscopio conservato dal suo involucro ma al cui interno la luce, captata dall’alto, verrà trasmessa con naturale energia e verrà amplificata attraverso il gioco di mille riflessi e rifrazioni prodotto da specchi e pannelli alimentati da cavi ottici. Un luogo in cui la gente potrà essere immersa nella luce naturale con un’intensità omogenea ed in cui il percorso espositivo, anch’esso rivolto all’interno in un ambito nuovo, modificherà e renderà unico questo spazio.
L’idea è di enfatizzare l’uso della luce solare oltre che per accendere suggestioni e sensibilizzare la sostenibilità energetica anche per favorire una positiva influenza sull’acquisto dei prodotti.
Il gioco del mostrare e guardare i prodotti perciò avverrà tutto all’interno dell’edificio, viceversa la comunicazione sarà tutta esterna e deputata in modo innovativo a pannelli tecnologici e schermi multimediali (video-wall ad alta definizione) installati nelle partiture delle finestre esistenti adattandosi alla loro dimensione e senza alterarne la forma per tutelare completamente l’apparato architettonico delle facciate.
Questa scelta, conservativa da un lato ed innovativa dall’altro, è determinata dalla necessità e volontà di mantenere intatto l’alto zoccolo alla base dell’edificio esistente che non permette di ottenere il classico rapporto vetrina/strada e dall’idea che l’architettura consolidata diventi il veicolo di una comunicazione dinamica ed interattiva rivolta alla città nel luogo del passeggio.
L’ingresso principale all’edificio, pur mantenendo quello storico avverrà dalla via pedonale Tommaso d’Aquino attraverso un atrio a livello della strada che consentirà l’accesso autonomo agli uffici del secondo piano tramite una scala indipendente ma soprattutto alla nuova galleria interna dello spazio commerciale.
Questa galleria, caratterizzata su tutta la sua lunghezza da un dolce piano inclinato che ne accentuerà la prospettiva ed utile a superare il dislivello esistente, sarà il luogo degli elementi espositori realizzati come preziose bacheche di una mostra lungo il percorso che introdurrà allo spazio commerciale principale.
Il negozio si articolerà al piano terra ed al piano primo in un unico grande ambiente organizzato attorno ad uno spazio centrale ridefinito formalmente come un vero pozzo di luce ed in cui un elemento scultoreo composto da specchi solari, quasi un lampadario tecnologico, capterà la luce naturale portandola all’interno muovendosi su se stesso seguendo l’orientamento solare.
I due livelli saranno collegati da una coppia di scale mobili addossate alla parete di fondo e da un corpo scala con ascensore; tutte le finestre interamente risulteranno chiuse consentendo di attrezzare le pareti con flessibilità e linearità mentre l’uso di pannelli luminosi solari a soffitto consentirà un illuminazione naturale costante ed eventualmente integrata dalla luce artificiale in tutti gli ambienti.
Negli orari notturni il lampadario centrale, alimentato da luce artificiale a LED, rimarrà fisso in una posizione definita secondo le necessità con la possibilità di creare effetti scenografici di grande impatto.
Al piano secondo saranno organizzati gli uffici seguendo la tipologia dell’edificio ed utilizzando tecnologie impiantistiche votate alla sostenibilità energetica mentre il piano interrato sarà utilizzato principalmente a deposito o eventualmente potrà anch’esso essere integrato allo spazio vendita.
Gli interventi sull’esterno dell’edificio saranno di restauro conservativo delle parti architettoniche e limitati alla sostituzione dei serramenti con la chiusura delle finestre dei primi due livelli tramite pannelli e schermi luminosi.
Nei grandi vani dei serramenti del piano terra saranno posizionati i pannelli video-wall ad alta definizione per la comunicazione multimediale leggermente inclinati in modo da migliorarne la visibilità dalla strada mentre le finestre del primo piano ospiteranno schermi luminosi e colorati con l’immagine dei marchi istituzionali. I serramenti del piano uffici invece saranno realizzati a tutta luce semplicemente trasparenti.
Il nuovo spazio Benetton di Taranto vuole essere in particolare uno spazio eclatante: bello per la città stupefacente al suo interno. Suggestivo come un mito che può accendere le idee ed in grado di unire un luogo unico ad un immagine (marchio) universale”.
Il 7 ottobre del 2012 viene presentata ufficialmente, al comune di Taranto, da parte del gruppo “Benetton”, la domanda per la modifica della “destinazione d’uso” dello stesso.
Facendo seguito a questa domanda poco prima del Natale 2013 il Gruppo Benetton inviava allo Sportello unico attività produttive (Suap) del Comune di Taranto il progetto.
La Sovrintendenza ai Beni storici ed architettonici di Taranto aveva già posto alcuni vincoli rispetto al progetto originario che l’azienda trevigiana aveva elaborato.
Il Gruppo di Ponzano, esattamente la società proponente del progetto è la Bencom srl, infatti, avrebbe dovuto modificare quanto deciso dai propri progettisti in alcuni punti.
La Sovrintendenza, che deve esprimere il proprio parere avendo l’immobile in questione più di cinquant’anni e trovandosi in pieno Borgo, imponeva alcune prescrizioni precise.
Tra queste, quelle più rilevanti riguardano il divieto di rimuovere le inferriate esterne messe a protezione delle finestre e che affacciano su via d’Aquino. Ma non solo. Divieto per il Gruppo Benetton di rimuovere i gradini sistemati davanti l’ingresso dell’edificio e poi obbligo di lasciare sull’immobile la scritta «Banco di Napoli».
Sin qui, le osservazioni della Sovrintendenza. E il Comune? La direzione Sviluppo economico inviava una nota in cui si chiedeva al Gruppo Benetton di chiudere positivamente la pratica entro trenta giorni. Del resto, il «permesso a costruire» non poteva essere rilasciato dalla direzione Urbanistica del Comune se prima non fosse stata concessa, sempre dagli uffici comunali, l’autorizzazione commerciale.
La legge regionale che disciplina l’apertura di strutture di medie dimensioni, infatti, mette in stretta relazione questi due aspetti.
Ed allora, cosa mancava per comporre il mosaico burocratico?
Da una parte la definizione precisa della superficie destinata alla vendita; un dato è fondamentale per stabilire il numero dei parcheggi che Benetton dovrebbe garantire. A Taranto, per strutture di questo tipo, il parametro è di 0,8 metri per ogni metro quadrato di superficie adibita alla vendita. Ipotizzando in 400 i metri per la «vendita», i parcheggi da realizzare sarebbero 320. Ovviamente, in quella zona del centro non ce ne sono ed allora Benetton dovrebbe monetizzare questi posti auto.
Evidentemente superati questi ostacoli burocratici, a giugno del 2014 c’è il via libera del Comune di Taranto.
Viene affissa all’Albo pretorio della direzione Sviluppo economico dell’Amministrazione comunale l’autorizzazione all’inizio dei lavori.
In particolare, è stato lo Sportello unico per le attività produttive (Suap), guidato dal funzionario comunale Marcello Vuozzo, a dare il via libera.
Poi è toccato al dirigente di Sviluppo economico, Carmine Pisano, mettere il sigillo a quest’iter amministrativo iniziato, come abiamo visto, con la presentazione della domanda il 7 ottobre 2012.
Il provvedimento autorizzativo riguarda esattamente il progetto «per il cambio di destinazione d’uso di istituto bancario ad attività commerciale dell’immobile sito a Taranto in via D’Aquino n. 49/51 presentato dalla società Bencom srl».
Entro un anno avrebbero dovuto iniziare i lavori.
Siamo a metà febbraio del 2016 e dei lavori neppure l’ombra.