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ArcelorMittal al Governo: Senza immunità impossibile gestire lo stabilimento di Taranto

Pubblicato | da Michele Tursi

ArcelorMittal chiede al Governo italiano di ripristinare l’immunità penale per i gestori dello stabilimento siderurgico di Taranto, sotto sequestro da luglio 2012. L’abolizione era stata annunciata dal vicepremier Luigi Di Maio durante la visita istituzionale del 24 aprile scorso a Taranto. Di fatto, la norma era poi stata inserita qualche giorno dopo nel decreto Crescita.

Il Gruppo siderurgico, finora, non era mai intervenuto ufficialmente sull’argomento. Lo fa a pochi giorni dal 29 giugno, termine ultimo per la conversione in legge del testo. In una nota l’azienda sostiene di aver “manifestato al Governo italiano le proprie preoccupazioni in merito al testo attuale del Decreto Crescita”.

Secondo ArcelorMittal “se il Decreto dovesse essere approvato nella sua formulazione attuale (cioè senza la cosiddetta immunità penale, ndr), la disposizione relativa allo stabilimento di Taranto pregiudicherebbe, per chiunque, ArcelorMittal compresa, la capacità di gestire l’impianto nel mentre si attua il Piano ambientale richiesto dal Governo italiano e datato settembre 2017. Lo stabilimento di Taranto è sotto sequestro dal 2012 e non può essere gestito senza che ci siano le necessarie tutele legali fino alla completa attuazione del Piano ambientale”.

“Il Piano ambientale del 2017 – scrive ArcelorMittal – è stato progettato per affrontare problemi di lunga data dello stabilimento di Taranto e per trasformarlo in un impianto siderurgico europeo all’avanguardia, utilizzando le migliori tecnologie disponibili, con un investimento ambientale complessivo di oltre 1,15 miliardi di euro. Tutti gli interventi previsti stanno procedendo nel pieno rispetto delle tempistiche. Tuttavia, il Decreto Crescita, nella sua formulazione attuale, cancella le tutele legali esistenti quando ArcelorMittal ha accettato di investire nello stabilimento di Taranto. Tutele che è necessario restino in vigore fino a quando non sarà completato il Piano ambientale per evitare di incorrere in responsabilità relative a problematiche che gli attuali gestori non hanno causato”.

In chiusura ArcelorMittal Italia si dichiara “fiduciosa che venga ripristinata la certezza del diritto nell’interesse dell’intero contesto economico italiano e degli stakeholders, permettendo ad ArcelorMittal Italia di continuare a gestire lo stabilimento e completare il piano di riqualificazione ambientale”.

L’intervento di ArcelorMittal è stato accolto con preoccupazione negli ambienti sindacali. In particolare  Francesca Re David, segretaria generale Fiom-Cgil e Gianni Venturi, segretario nazionale Fiom-Cgil e responsabile siderurgia parlano di “nuove incertezze sulle prospettive dello stabilimento ArcelorMittal di Taranto, e più in generale segnalano come il Paese abbia urgente necessità di dotarsi di un quadro legislativo, non improvvisato ed emergenziale, entro cui collocare le strategie di politica industriale ed ambientale. Senza un orizzonte ragionevolmente certo di stabilità delle norme non vi è possibilità di attrarre investimenti”.

Nello specifico la Fiom ritiene che, “pur in un processo di miglioramento ed adeguamento continuo delle condizioni di sostenibilità ambientale delle produzioni e di vincoli da rispettare (revisione Aia legata alla valutazione preventiva di danno sanitario), il quadro complessivo delle norme e degli accordi sottoscritti tra le parti devono essere sempre rispettati. L’accordo, che si è costruito in presenza di una preesistente normativa sulle tutele legali, prevede il raggiungimento degli obiettivi di risanamento ambientale e di riorganizzazione degli impianti entro il 2023, e per quanto ci riguarda continua a costituire il quadro di riferimento”.

“Vanno rispettati integralmente l’insieme degli impegni reciprocamente e liberamente sottoscritti – aggiungono Re David e Venturi – compreso l’accordo di programma di Genova. Per tali ragioni rinnoviamo la necessità di una convocazione urgente di un tavolo al Ministero dello Sviluppo economico per una verifica che si rende ancora più indispensabile, anche alla luce della procedura di cassa integrazione ordinaria avviata da ArcelorMittal e dei rischi per l’occupazione di tutto il Gruppo”.