Sul Pezzo
Appalti pubblici, Ance Taranto: il nuovo Codice blocca gli investimenti
Dal 2005 al 2016 gli investimenti pubblici sono calati dell 55%. Nei Comuni, a fronte di una spesa corrente cresciuta del 9%, quella per infrastrutture si è ridotta del 47%. Gli occupati, dal 2008 al 2016, sono diminuiti del 41% e le ore lavorate si sono pressoché dimezzate con un – 49%. Numeri drammatici che tratteggiano una realtà altrettanto negativa segnata da infrastrutture al collasso, manutenzioni assenti, opere incompiute, cantieri che non partono.
Dall’analisi di questi dati parte la riflessione di Paolo Campagna, presidente di Ance Taranto. Anzi, si tratta di un vero e proprio appello in sintonia con l’azione dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili sul fronte dei lavori pubblici, un segmento paralizzato dalla crisi e dall’inadeguatezza del nuovo Codice degli Appalti, una riforma nata male ed evoluta ancora peggio.
“Il nuovo Codice dei Contratti Pubblici, di cui al D.lgs. n. 50/2016 – spiega Campagna – si è posto l’obiettivo di definire un quadro normativo europeo che garantisse a tutti gli attori del mercato (stazioni appaltanti, progettisti, imprese), un sistema di regole chiare ed efficaci, in chiave di crescita del Paese e di rilancio degli investimenti. La riforma, pur nella piena condivisione dei principi che l’hanno ispirata, a distanza di due anni è ancora lontana dal suo definitivo completamento e, nonostante gli interventi correttivi, l’originaria promessa di innovare e qualificare il settore degli appalti si può dire sia fallita. Sono i numeri a dircelo impietosamente”.
Il paradosso è che “le risorse ci sono – continua il presidente dell’Ance di Taranto – ma rimangono sui conto correnti dello Stato, che a fronte di una burocrazia asfissiante blocca opere indispensabili come strade, ponti, reti ferroviari, edifici, spazi verdi e scuole”. Le imprese del sistema Ance chiedono un atto di volontà che non sia “solo l’impegno a rimettere in piedi un settore che negli ultimi 10 anni ha subito una forte contrazione, ma anche un atto di responsabilità verso territori e città ormai in preda all’abbandono.
“Mi domando come possa a volte anche una amministrazione pubblica aggirare certe strettoie burocratiche che dissuadono dal tentativo di rimettersi in marcia sul fronte degli investimenti infrastrutturali – aggiunge Campagna – quando per costruire una scuola o riparare l’alveo di un fiume esistono norme incomprensibili che di fatto bloccano le opere ma non l’illegalità degli affidanti in condizioni di emergenza”. L’Ance chiede, dunque, che si rimetta mano alle regole, attraverso una complessiva quanto salutare opera di revisione nel segno di una legislazione dei lavori pubblici che sappia concretamente rispondere ai bisogni ed alle aspettative del Paese.
“Lo si deve alla comunità – conclude Campagna – ma anche a tutte quelle aziende sane che rispettano norme, contratti e muovono la loro azione all’interno della rigida condizione di legalità, ecco perché la riforma della normativa sugli appalti non è solo una urgente necessità del settore ma è prerogativa di giustizia e trasparenza a cui come imprenditori del settore intendiamo concorrere”.